Chi è Federica Angeli, intervista alla giornalista sotto scorta

di

Arrigo Andreani

Federica Angeli ha legato il suo nome alle inchieste sulla criminalità organizzata di Ostia. Giornalista, cronista e autrice di inchieste per il quotidiano La Repubblica, vive sotto scorta dal luglio del 2013 per via delle minacce ricevute proprio per la sua attività giornalistica. Dall’ottobre del 2020 è Delegata alle Periferie e alla legalità al Comune di Roma. Alla sua storia è stato dedicato il film di Claudio Bonivento, interpretato da Claudia Gerini, A mano disarmata, uscito nel 2019.

Classe 1975, Angeli è nata a Roma e si è laureata all’Università La Sapienza. Dal 1998 ha cominciato a collaborare con il quotidiano La Repubblica. Con il collega Marco Mesurati ha portato avanti dal 2011 un’inchiesta su atti di pestaggio e nonnismo nella caserma del Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza di Spinaceto. Una vicenda collegata negli articoli al sequestro Soffiantini nel 1997. La Procura della Repubblica di Roma aprì un’inchiesta sul caso.

Angeli è stata minacciata per via delle inchieste sulla criminalità organizzata a Ostia, provincia di Roma. Inchieste che hanno riguardato i clan dei Fasciani, dei Triassi, degli Spada, dei Cuntrera-Caruana e sui legami tra criminalità e pubblica amministrazione e sul racket. L’operazione “Nuova Alba” della polizia portò agli arresti di 51 persone nel 2013. Le accuse: corruzione, infiltrazione negli organi amministrativi e nell’assegnazione di alloggi popolari, sottrazione di attività commerciali alle vittime di usura e possibili collegamenti con l’omicidio di Giuseppe Valentino, il 22 gennaio 2005, all’interno del suo bar nei pressi di Porta Metronia a Roma.

L’abbiamo intervista per Passeggeri Attenti.

Quando ha iniziato a parlare di mafia e ad interessarsi al giornalismo d’inchiesta?

Occupandomi di cronaca nera e giudiziaria dal 1996 potrei dirle da sempre. Nello specifico però l’anno in cui la mia battaglia giornalistica per far passare il concetto che anche a Roma, per dinamiche identiche a quelle della criminalità organizzata del sud, ci fosse la Mafia, posso indicarlo nel 2008. Osservando come si muovevano clan autoctoni, respirando la paura delle vittime che tremavano al solo pronunciare il nome di quelle famiglie, mi sono resa conto che il fenomeno mafioso era molto più evidente di quanto si pensasse. E il fatto che magistratura, soprattutto quella giudicante, e istituzioni rifiutassero di vedere la realtà come lo vedevo io, mi ha fatto insistere nel portare avanti, inchiesta dopo inchiesta, reportage dopo reportage e articolo dopo articolo, la tesi che tutto quel che accadeva in strada, nelle periferie, e financo attorno ai palazzi del potere del centro storico, avesse un solo nome. Mafia appunto. Lo dovevo alle vittime di loro soprusi e angherie.

Ha mai pensato di cedere alle minacce di chi la voleva in silenzio o che non valesse la pena rischiare?

No mai. Non fa parte del mio dna cedere alla prepotenza e alle minacce. Paura , certo, ne ho avuta e ne ho. Per me, per mio marito, per i miei figli, sono persone senz’anima, senza scrupoli, meschine. La paura è l’altra faccia della stessa medaglia, guai non averne, lo dico sempre ai miei bambini. Ma da questo mi difendo tenendo i nervi saldi, mantenendo la concentrazione e coltivando la mia passione per la legalità e per la giustizia. Non possono vincere sempre loro, non può andare così il mondo. Ecco perché non cedo e dico che ne vale la pena. Già non essere come loro e non seguire le loro logiche per me è una vittoria.

Conosce la realtà criminale di Latina o più in generale quella del basso Lazio? Cosa ne pensa?

La situazione del basso Lazio è molto critica. Ultimamente mi sono occupata con diverse inchieste di Sperlonga e devo dire che la storia che racconta quella città ha dell’incredibile. Un sindaco arrestato e acclamato dal popolo, una serie di abusi condonati dalle istituzioni, scambi di favori, punizioni e delibere fatte ad hoc per chi dissente. Lo specchio di una criminalità organizzata che ormai si è fatta potere, nulla da invidiare a roccaforti del profondo sud contaminate dalle cosche insomma.

Perchè essere dei “passeggeri attenti” ?

Per se stessi innanzi tutto. Vede, quando la sera ci mettiamo sulla bilancia o davanti allo specchio è a noi stessi e alla nostra coscienza che dobbiamo rispondere. Io se pensassi di guardami, sapendo di averla fatta franca con un’astuzia, non riuscirei a dormire serena. L’attenzione e la guardia vanno tenute sempre alte, l’indifferenza è ciò che porterà il popolo al baratro. Essere cittadini attenti, passeggeri protagonisti di un mondo in cui si può fare del bene, con enorme difficoltà, è una libertà per me irrinunciabile.

Chi è Federica Angeli, intervista alla giornalista sotto scorta
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